Archeologia

ANNO 2018-2109

« L’archeologia dell’edilizia storica in provincia di Bergamo.
Ricerche per la Valorizzazione e la programmazione urbanistica »

Gromo

2018-2109

La particolare ubicazione del borgo di Gromo posto sulla sommità di uno sperone roccioso proteso nella valle del Serio, sul costone occidentale del versante vallivo immediatamente a settentrione della confluenza del torrente Goglio, ha favorito la conservazione degli edifici storici oggi visibili nel centro del paese. Il limitato spazio insediativo della sommità del colle ha fatto sì che l’insediamento si sviluppasse anche sul fondo valle e sulle colline adiacenti.

La zona più antica scelta per l’insediamento corrisponde all’attuale centro del borgo: i primi edifici sono di tipo fortificato e attorno ad essi e nei pressi delle principali arterie del paese sorgono in maniera più o meno organica degli edifici di tipo residenziale di buon livello esecutivo già nel XIV secolo. A nord del nucleo più antico si trova la frazione di Bettuno – divisa tra alta e bassa – che oggi sembra quasi un unicum con il centro, ma ha origine nel XIV secolo con i primi edifici residenziali. A monte di Bettuno il versante occidentale della valle ricomprende una serie di praterie e alcuni modesti terrazzamenti.

L’economia di Gromo e di una vasta zona della Val Seriana era basata prevalentemente sullo sfruttamento delle miniere della Val di Scalve e sulla lavorazione del materiale ferroso. Il minerale estratto veniva lavorato sul posto nelle fucine poste lungo il Serio e i torrenti di elevata portata d’acqua: secondo Luigi Angelini, prima del disastro naturale a Valgoglio del 1666 -che causò la distruzione di una parte del paese- erano dislocate 30 fucine lungo il torrente Goglio.

Tra le miniere maggiormente sfruttate c’era quella del “Coren del Cucì” sita sotto la piazza principale del paese. Le frammentazioni signorili nel territorio della curia de Ardexie et vallis nel XII secolo faceva sì che gli abitanti vivessero in piccoli centri demici poi destinati a diventare comuni rurali per sé, a loro volta suddivisi in accentrati abitati minori. L’economia di questi piccoli nuclei era basata sull’allevamento e lo sfruttamento degli alpeggi (come nelle frazioni Villa, Maschere e Bettuno Alto e Basso), delle foreste e soprattutto l’estrazione e la lavorazione dei metalli quali ferro, rame e argento.

Per la gestione di questi importanti luoghi produttivi già nel XII secolo erano state fatte diverse concessioni dal vescovo a forti élite a capo di imprese minerarie poi alla base della comunità rurale di Gromo. Sul finire del XIV secolo il comune cittadino continuò con un’importante politica di sfruttamento di piccoli comuni rurali, specialmente quelli molto produttivi.

Dal punto di vista più specificatamente costruttivo gli edifici medievali conservati nel borgo sono realizzati in pietra di estrazione locale: il territorio delle Alpi Orobie ha grande varietà di rocce e da ricchezza di forme geologiche, perché la valle dei Molini, quella che scende dagli Spiazzi a Pranzera, segna un passaggio netto tra le rocce vulcano-sedimentarie paleozoiche rosse e grigio-verdi scure e quelle calcaree biancastre del Triassico.

Nella costruzione degli edifici civili tra Duecento e Trecento non si riscontrano particolari stilemi costruttivi, la posa in opera asseconda la natura del materiale estratto, sia sbozzato velocemente, ma anche solo spaccato, legato da abbondante malta per colmare gli interstizi tra elementi di dimensioni e pezzature differenti. Non si ravvisa particolare cura nell’esecuzione, pertanto le abitazioni civili devono essere state affidate ad abili muratori operanti nel territorio, piuttosto che a maestranze specializzate: in ogni caso chi sceglieva di risiedere nel borgo apparteneva alle famiglie nobili di Gromo.

Differente è invece il costruito rurale nelle frazioni: si tratta di piccoli nuclei rurali sorti dal Quattrocento in avanti senza una specifica programmazione territoriale e convivevano in modo paratattico; le tecniche costruttive sono molto semplificate e l’impiego di materiale eterogeneo (di dimensioni e per lavorazioni), così come l’utilizzo di malta povera di calce sono segnali della presenza di artigiani locali – forse gli stessi abitanti delle frazioni- che producevano autonomamente gli edifici.

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